Novità sul danno esistenziale

Si segnala questa interessante sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, in materia di danno esistenziale.
Nel caso considerato il ricorrente aveva, infatti, chiesto la liquidazione di questo danno oltre a quello morale.
Gli ermellini hanno dichiarato infondato il ricorso ed hanno specificato che il giudice di merito non può liquidare il danno esistenziale se esso deriva da un illecito penale. 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 8 gennaio 2013, n. 194

Svolgimento del processo


Nel maggio del 1992 T.G. evocò in giudizio, dinanzi al tribunale di Vallo della Lucania, D.F.F. e il comune di Agropoli, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti ad un illegittimo comportamento del primo, il quale, nella qualità di assessore al commercio dell'ente locale, gli aveva dapprima rilasciato la necessaria autorizzazione per l'esercizio di un'attività commerciale, ma poi sollecitato un inopinato intervento dell'ufficio igiene e profilassi della competente USL, all'esito del quale il funzionario P. aveva altrettanto inopinatamente revocato il parere igienico sanitario, con conseguente sospensione della autorizzazione da parte del D.F.

Rinviati, a giudizio per il delitto di cui all'art. 323 c.p. (norma applicabile ratione temporis), tanto il D.F. quanto il P. sarebbero stati ritenuti responsabili di abuso d'ufficio e condannati in sede penale dalla corte di appello di Salerno, con conseguente statuizione, estesa al Comune ed alla USL, di risarcimento dei danni in favore dell'attore.

La sentenza sarebbe stata, in seguito, parzialmente riformata in sede di legittimità, così che, annullata senza rinvio la condanna del P. (e conseguentemente quella al risarcimento dei danni della USL), venne confermata quella del D.F. e del comune di Agropoli.

Instauratosi il giudizio civile, il T. chiese al GI l'emissione di un'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., quanto alla somma (come quantificata dal CTU a titolo di danni patrimoniali) di L. 169.192.828, maggiorata di interessi e rivalutazione.

L'istruttore, accogliendo (anche se solo parzialmente nel quantum) l'istanza "anticipatoria", emise, in data 19.11.1997, ordinanza di condanna dei convenuti al pagamento della somma di L. 33.466.511 (oltre interessi e rivalutazione).

Previa dichiarazione di rinuncia alla sentenza da parte del comune di Agropoli e del D.F., quest'ultimo propose appello avverso l'ordinanza di condanna, impugnazione cui resisterà il T., spiegando appello incidentale, così come appello incidentale avrebbe a sua volta spiegato il comune - che, nel chiedere l'accoglimento del gravame principale D.F., invocò a sua volta il rigetto del gravame incidentale T., ovvero la riduzione dell'importo liquidato con l'ordinanza impugnata.

La corte di appello, con sentenza del 26.11.2001, rigettò tutte le impugnazioni.

Senza che, nelle more, risultassero compiuti ulteriori atti processuali, il T. propose, dinanzi al tribunale di Vallo della Lucania, una "istanza" con cui, segnalata la mancata celebrazione dell'udienza collegiale del 18.10.2000 - ilio tempore fissata con l'ordinanza del 19.11.1997 dal G.I. - e l'archiviazione del relativo fascicolo, chiese fissarsi l'udienza di prosecuzione del giudizio sospeso.

Si costituirono il D.F. e il comune di Agropoli, sollevando varie eccezioni di rito.

Il tribunale adito, con sentenza dell'1.3.2004, condannò entrambi i convenuti al pagamento, in favore del T., della somma di Euro 131.400, confermando nel contempo l'ordinanza emessa ex art. 186 quater.

Impugnata tale decisione dal D.F. (oltre che dal comune di Agropoli in via incidentale adesiva), la corte di appello di Salerno - investita altresì del gravame incidentale del T., che chiedeva la rideterminazione in melius di quanto riconosciutogli dal tribunale a titolo risarcitorio - pronunciò sentenza con la quale:

Rigettò l'appello incidentale del T.;

Accolse in parte qua l'appello principale del D.F. e quello incidentale adesivo del comune di Agropoli;

Ridusse la condanna di cui alla sentenza 111/2004 del tribunale - impregiudicate le statuizioni definitive contenute nell'ordinanza emessa ex art. 186 quater - alla somma di Euro 15.000, oltre svalutazione monetaria e interessi legali a titolo di danno non patrimoniale, non liquidato con la predetta ordinanza.

A fondamento del proprio decisum, il giudice campano pronunciò sentenza i cui passaggi essenziali possono essere così sintetizzati:

l'esito del complesso iter procedimentale poteva ricostruirsi nei termini di una intersezione e parziale sovrapposizione di un'ordinanza anticipatoria di condanna resa ex art. 186 quater c.p.c., su di una domanda parziale - oggetto di rinuncia alla sentenza definitiva da parte dei soccombenti e passata in cosa giudicata a seguito del rigetto dell'appello (pronunciato nel novembre 2001 e non ulteriormente impugnato) proposto avverso la stessa ordinanza dal D.F. e dal comune - ed una sentenza di primo grado pronunciata, nel 2004, sull'intera domanda - e non soltanto sulla residua parte di essa non decisa con il provvedimento anticipatorio -, sentenza attualmente oggetto di impugnazione dinanzi a sè;

pertanto (ai di là della correttezza in rito del complessivo dipanarsi della vicenda processuale), attesi gli effetti di regiudicata medio tempore prodottisi, la sentenza di appello pronunciata all'esito dell'impugnazione dell'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., aveva "fatte salve" le richieste del T. di conseguire un ulteriore risarcimento dei danni patrimoniali (diversi da quelli liquidati in quella sede) e non patrimoniali (in quella sede non considerati affatto); l'opposizione delle parti originariamente convenute alla prosecuzione del procedimento dinanzi al tribunale di Vallo della Lucania erano state (erroneamente) fondate sul presupposto che l'intero oggetto del giudizio incardinato dal T. nel 1992 fosse stato assorbito (come pure, in astratto, sarebbe dovuto accadere) dal decisum dell'ordinanza de qua e non anche, più correttamente, sulla inattività conseguente all'emissione dell'ordinanza ed alla mancata celebrazione dell'udienza collegiale, cui era seguita "l'archiviazione" del fascicolo;

il tribunale di Vallo, con la sentenza definitiva del 2004, aderendo in toto alle risultanze peritali istruttorie, aveva liquidato il danno in complessivi Euro 131.400 - stimando in via equitativa nella metà della somma riconosciuta per danno patrimoniale (L. 169.348.828) l'importo del danno morale (L. 85.000.000);

l'ordinanza ex art. 186 quater aveva, peraltro, già liquidato i danni patrimoniali accertati dal CTU, mentre il T. aveva chiesto la liquidazione degli ulteriori danni patrimoniali (non considerati in CTU) e dei danni morali (mai delibati in sede di provvedimento anticipatorio perchè non contenuti nell'istanza risarcitoria ad esso collegata);

avendo tanto il G.I., quanto la corte di appello in sede di esame del provvedimento anticipatorio impugnato dinanzi a sè, ritenuta legittima tale limitazione, con conseguente formazione del giudicato sul punto, il tribunale successivamente investito dell'istanza del T., con la sentenza del 2004, non poteva che circoscrivere l'oggetto della (residua) controversia risarcitoria alla sola materia del contendere rimasta "estranea" alla prima pronuncia, con conseguente esclusione di qualsivoglia riesame del danno accertato dal CTU e liquidato in misura ridotta con il provvedimento anticipatorio - al di là ed a prescindere dalla regula iuris di matrice giurisprudenziale a mente della quale la rinuncia alla sentenza di alcune delle parti del giudizio, dopo che l'ordinanza ex art. 186 quater, abbia pronunciato su alcuni dei danni richiesti con la domanda introduttiva rimettendo al collegio la decisione sugli altri, produce i suoi effetti sull'intero giudizio, acquistando gli effetti di una sentenza definitiva, se non impugnata: tale principio trovava, difatti, un insuperabile ostacolo nel(l'ormai formatosi) giudicato del 2001;

la sentenza di appello del 2001 aveva, difatti, rigettato l'appello incidentale del T. sul presupposto di non potersi pronunciare sul relativo merito poichè non ricompreso nel decisum dell'ordinanza anticipatoria;

tale pronuncia era, come già rilevato, passata in cosa giudicata, postulando, nella sostanza, una sorta di separazione di giudizi tra la vicenda processuale avente ad oggetto il risarcimento dei danni quantificati dal CTU e quella relativa al danno patrimoniale ulteriore e al danno non patrimoniale ancora richiesto dall'attore;

il tribunale di Vallo della Lucania, all'uopo compulsato dal T., aveva, pertanto, legittimamente deciso sulla domanda residuata al decisum dell'ordinanza, non essendo mai state sollevate le opportune questioni circa la mancata celebrazione della relativa udienza collegiale - onde l'ultroneità dell'interrogativo circa la (il)legittimità di un frazionamento, ormai ex reiudicata, della pretesa risarcitoria si come operata dal T.;

il giudicato scaturente dall'ordinanza anticipatoria comportava, peraltro, la preclusione, per il tribunale, al riesame della domanda relativa al danno patrimoniale con essa dedotto e (parzialmente) liquidato - quello, cioè, computato dal CTU in L. 169.34.828 -, pena una inammissibile duplicazione risarcitoria;

pur impregiudicato il titolo a richiedere l'ulteriore danno patrimoniale rispetto a quanto già richiesto e parzialmente ottenuto con l'ordinanza anticipatoria, la sostanziale identità della relativa causa petendi non poteva che condurre alla reiezione della relativa domanda proposta dal D.F., attesa tra l'altro la già rilevata (in sede di CTU) ininfluenza della vicenda di danno lamentata rispetto alla posizione previdenziale del T.;

il danno non patrimoniale, all'esito di una sua più articolata valutazione rispetto ad un computo meramente artmetico/proporzionale, andava infine liquidato nella misura di 15.000 Euro, tenuto conto dei suoi aspetti di sofferenza morale e relazionale derivante dalla consapevolezza dell'abuso subito.

La sentenza è stata impugnata da T.G. con ricorso per cassazione sorretto da 2 motivi di doglianza e illustrato da memoria.

Resiste il comune di Agropoli con controricorso integrato da ricorso incidentale (cui resiste con controricorso il T.). Resiste altresì al ricorso principale D.F.F.

Motivi della decisione

I ricorsi, da decidersi in questa sede con unica sentenza avendo essi ad oggetto la medesima sentenza della corte di appello di Salerno, sono entrambi infondati.

Con il primo motivo del ricorso principale, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 186 quater c.p.c. e art. 2909 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo si conclude con il seguente quesito (rectius, affermazione di principio) di diritto:

L'istanza ex art. 186 quater c.p.c., parzialmente riconosciuta nel contenuto economico, non pregiudica la possibilità di diversa e maggiore richiesta da parete dell'istante anche relativamente a voci già parzialmente delibate o non valutate. La declaratoria di inammissibilità relativamente ad appello incidentale avverso appello incidentale proposto da intimato contro ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., non integra giudicato escludente la possibilità di richiedere ulteriori somme parzialmente non valutate o parzialmente accolte in sede di emissione di ordinanza ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c.. La censura, articolata in un duplice e non omogeneo quesito di diritto, è priva di pregio nel merito - pur volendo prescindere dai suoi non lievi profili di inammissibilità.

Al di là della conformità a diritto dell'intera vicenda processuale (sulla quale già il giudice territoriale si è puntualmente espresso con argomentazioni del tutto condivisibili quanto alle conseguenze in rito della rinuncia all'impugnazione dell'ordinanza ex art. 186 quater, benchè pronunciata su alcuni soltanto dei danni richiesti: in argomento, funditus, tra le altre, Cass. 20750/2004), la doglianza si infrange, di fatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dalla corte d'appello saernitana nella parte in cui ha ritenuto che, nella sostanza, la causa petendi fatta valere nel corso del giudizio celebratosi dinanzi al tribunale e conclusosi con sentenza non fosse in alcun modo diversa rispetto a quella già valutata dal CTU in sede di quantificazione dei danni ed oggetto di liquidazione in sede di ordinanza anticipatoria.

La motivazione, scevra da errori o vizi logico-giuridici, si sottrae pertanto alle censure mosse dal ricorrente, e merita integrale conferma.

Con il secondo motivo del ricorso principale, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c. (l'indicazione, da parte del ricorrente, in relazione a tale articolo, del codice di rito deve ritenersi frutto di un mero lapsus calami) e art. 2059 c.c. in riazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto:

Nella liquidazione del danno non patrimoniale richiesto sulla base di una sentenza penale di condanna, deve essere riconosciuto, in presenza dei presupposti di fatto, oltre al danno morale, direttamente connesso alla natura dell'illecito, il danno non patrimoniale nella sua globalità e segnatamente quello di natura esistenziale.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata, difatti, all'esito di una accurata ed esaustiva disamina di tutti gli aspetti del danno non patrimoniale, perviene ad una sua complessiva liquidazione valutando e considerando, in particolare, anche gli aspetti relazionali del vulnus arrecato alla sfera dell'essere, oltre che del sentire, dell'attore (in particolare, al folio 37 della pronuncia oggi impugnata), esaminando partitamente le ripercussioni che l'evento aveva potuto ingenerare nel rendere più difficili e complessi i modificati modelli relazionali con i suoi interlocutori, ivi compresi i familiari, all'esito delle aspettativa deluse in conseguenza dell'illecita sospensione dell'attività commerciale intrapresa.

Le doglianze del ricorrente sono, pertanto, nuovamente destinate ad infrangersi sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice di merito, che ha correttamente considerato, valutato e risarcito anche tale aspetto relazionale della sofferenza.

Con il primo ed unico motivo del ricorso incidentale, la difesa del comune di Agropoli denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 186 quater c.p.c. e art. 2909 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

Il quesito di diritto che illustra il motivo - con il quale si chiede a questa Corte di pronunciarsi sul se l'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., pronunciata solo su parte della domanda, ove intervenga rinuncia della parte intimata, acquista efficacia di sentenza su tutto l'oggetto della domanda - pur meritando risposta (astrattamente) positiva, non giova al ricorrente incidentale per le ragioni ampiamente illustrate in precedenza circa l'efficacia preclusiva del giudicato formatosi sul contenuto dell'ordinanza anticipatoria, come correttamente ed esaustivamente già rilevato dal giudice territoriale.

Entrambi i ricorsi sono, pertanto, rigettati.

La disciplina delle spese - che vanno, per motivi di reciproca soccombenza e per la complessità e extravaganza delle questioni processuali trattate, in questa sede interamente compensate - segue come da dispositivo.

 

P.Q.M.


La corte, decidendo sui ricorsi riuniti, li rigetta entrambi, e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.


 

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